Lo scompenso cardiaco è una patologia che affligge un grande numero di italiani, fino al 5% della popolazione generale, con incremento in rapporto all’età, manifestandosi prevalentemente in soggetti anziani. È la causa principale di ricovero nei pazienti con più di 65 anni. Presenta una mortalità elevata a 5 anni dalla diagnosi ed è spesso complicato da aritmie che possono condurre fino all’arresto cardiaco. Può dunque essere considerato una vera e propria pandemia, oggi resa ancora più critica dalla attuale concomitanza con le infezioni respiratorie causate dal Covid-19.
Durante la prima fase dell’emergenza del Coronavirus, il Sistema Sanitario si è trovato nelle condizioni di dover sospendere o rinviare l’erogazione delle consuete cure su patologie croniche, che già venivano fornite con difficoltà per motivi organizzativi ed economici. È giunto ormai il tempo di mettere in campo una riorganizzazione dei percorsi di cura in generale e in particolare per le maggiori patologie croniche, come lo scompenso cardiaco, così diffuse nelle popolazioni anziane.
Oggi l’evoluzione del mondo digitale offre alla medicina interessanti soluzioni tecnologiche per migliorare la gestione clinica delle malattie, soprattutto croniche. Applicando sistemi di sanità digitale – e in particolare di Telemedicina che, mediante il dialogo con dispositivi forniti ai pazienti, permette la rilevazione di parametri clinici e visite a distanza – si possono ottenere rilevanti miglioramenti dei percorsi di cura. Per quanto riguarda la cardiologia, grazie alla Telemedicina siamo in grado di intervenire sui pazienti con azioni mirate tempestive, efficaci ed efficienti attraverso il monitoraggio da remoto.
In particolare i pazienti con scompenso cardiaco spesso vengono sottoposti all’impianto di un defibrillatore che ha come funzione primaria quella di trattare in emergenza eventuali aritmie che potrebbero determinare una morte improvvisa del paziente. Ma gli avanzamenti tecnologici hanno reso questi dispositivi in grado di svolgere anche altre funzioni, come quella di monitorare e trasmettere da remoto una serie di parametri relativi al funzionamento del defibrillatore stesso e parametri clinici relativi allo scompenso cardiaco.
La raccolta da remoto di questi dati rende possibile effettuare una valutazione poliparametrica integrata che fornisce un profilo clinico del paziente monitorato. Tale profilo può esitare in un punteggio (score) che, indicando le condizioni cliniche, permette al cardiologo un’immediata valutazione del grado di scompenso, prima che il paziente diventi chiaramente sintomatico. In tal modo il cardiologo può tempestivamente intervenire con le misure terapeutiche più appropriate prevenendo una possibile ospedalizzazione.
Una diagnosi precoce effettuata in tal modo si traduce in un beneficio per il paziente che riceve una risposta clinica immediata, riduce la progressione dello scompenso ed evita un ricovero. Cosa che per il Sistema si traduce in una riduzione del carico assistenziale sia ambulatoriale (territorio) sia ospedaliero (ricovero). Il controllo a distanza può pertanto essere ormai considerato sovrapponibile, se non migliore, di un controllo ambulatoriale routinario “in office” in quanto permette di anticipare la diagnosi di scompenso e di mostrare on line la comparsa di eventuali aritmie e l’eventuale intervento del defibrillatore. L’acquisizione poliparametrica, da cui deriva il punteggio che indica le condizioni cliniche del paziente, può essere considerata a tutti gli effetti una forma di “intelligenza artificiale” in quanto, mediante la produzione di uno score, semplifica la valutazione clinica aiutando il cardiologo nella tempistica delle decisioni terapeutiche.
A partire dal controllo a distanza le ASL potrebbero creare nuovi modelli organizzativi per gestire i pazienti affetti da scompenso cardiaco. In un’ottica di continuità assistenziale Ospedale-Territorio il territorio dovrebbe controllare da remoto i pazienti in cura e l’ospedale dovrebbe fornire le cure in emergenza che richiedono un ricovero. La nostra esperienza presso l’Ospedale GB Grassi di Ostia in Telecardiologia, già avviata da tempo, si è dimostrata utile ed efficace nello svolgimento del progetto promosso dal Ministero della Salute e della Regione Lazio per realizzare un modello organizzativo in grado di portare assistenza domiciliare sul territorio da remoto. Tale esperienza, partita in epoca pre-Covid, ci ha trovato preparati nel periodo di lockdown: il sistema di monitoraggio remoto è risultato uno strumento utilissimo nell’assicurare una continuità assistenziale al paziente impossibilitato durante il lockdown ad accedere in ospedale per le visite ambulatoriali, permettendoci di rilevare urgenze cliniche che, per la maggior parte sono state risolte con colloquio e/o tele-visita, riservando l’accesso all’ospedale solo ai casi più gravi riconosciuti con il controllo da remoto.
I buoni risultati clinici raggiunti e la disponibilità di sistemi digitali sempre in aumento in campo medico indicano quale possa essere in futuro il vantaggio di implementare la Telemedicina, che aprirà nuovi orizzonti nella gestione clinica dei pazienti affetti da patologie croniche, non solo cardiologiche. Mi piace condividere come il nostro progetto sperimentale abbia ottenuto riconoscimenti di qualità, quale modello di Sanità efficiente mediante la Telemedicina nel campo della Digital Health. Alcune di queste innovazioni ed esperienze sono state presentate nel corso del Convegno Cardioaritmologia e Telemedicina, le cui sessioni si sono tenute on line il 28 ottobre e il 4 novembre, con l’obiettivo di formare ed informare gli operatori sanitari sulle nuove tecnologie.